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Cultura

Ti scrivo. Per l’eternità

Il 5 marzo del 1922 nasceva uno dei maggiori artisti e intellettuali del Novecento. Con una lettera, che siamo sicuri che leggerà, ovunque esso sia, omaggiamo la memoria del grande Pier Paolo Pasolini.

Caro Pier Paolo,

ti saluto come saluterei un amico, seppur ormai lontano. Sono trascorsi quarant’anni dalla notte tra il 1° e il 2 di novembre in cui sei stato assassinato a Ostia, un tempo lungo e insieme breve. Sento ancora la tua presenza nel mondo, quella che sapeva guardarsi intorno con lucidità. Odiavi troppo il peccato perché amavi troppo la purezza, e meno trovavi questa purezza, più eri spinto a punirti con il sesso. Desideravi il peccato per cercare la salvezza e tanto più era profondo il peccato, tanto più credevi che la salvezza sarebbe stata liberatrice.
Ti immergevi nei ragazzi dal corpo privo di grazia e dalla mente priva di bellezza e di loro cantavi nei tuoi film, nei tuoi libri e nelle tue poesie. La tragedia era l’unica situazione umana che tu capissi veramente.pasolini

Hai riflettuto su quello che è “il paradosso della sovranità”, di come il potere, che è la regola per eccellenza, divenga il luogo in cui la legge non si applica più, aprendo il varco allo spazio dell’anomìa. Hai compreso come esso non si esercita più attraverso le leggi pubbliche che regolano il privato, ma per mezzo di pratiche che modificano il corpo. Una collusione di tre poteri forti: il potere economico, quello politico e quello religioso. Il neocapitalismo o Nuova Preistoria.

Non c’era tema del tuo presente che non ti stesse a cuore, che non ti fosse caro, e ti struggevi di nostalgia per ciò che era perduto per sempre.
Eri un ragazzo come me, come noi, ma libero, perfettamente libero e autentico, capace di rivelare ciò che le altre persone avevano paura di esprimere. Libero perché non hai dimenticato la tua storia, storia che tornerà presto a ripetersi come una tragedia; quella “mutazione antropologica” di cui hai sempre parlato, è andata molto al di là di una semplice conferma.

Il Novecento ha costruito l’hardware del mondo in cui viviamo, oggi se ne sta allestendo il software.
Nel 1975 scrivevi, sul Corriere della Sera, che le lucciole erano scomparse da tempo. Invece esistono ancora, come prova che la natura riesce ad adattarsi all’ambiente e a sopravvivere ai danni procurati dall’essere umano, segno evidente che la natura è stata distrutta dall’industrializzazione e dal consumismo. Nessuno però si lamenta più, tutti sembrano essere soddisfatti di un’umanità “geneticamente modificata”, artificiale.
Come amico ormai lontano, ti ringrazio, maestro, per essere fonte d’ispirazione e riflessione su una realtà che non sento appartenermi del tutto.
Io non cercavo una fonte d’ispirazione, cercavo un amico per la vita, e trovarti è stato uno dei regali più belli che alcune volte la vita regala.

E, come dice Luca Gamberini in una lettera a te indirizzata:
Abbi cura di insegnare la libertà in Paradiso.

Tua,

Anastasìa V.